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La storia dell’Asinara

L'Asinara è un vero paradiso dove la natura regna sovrana. La sua storia è poco conosciuta ma è avvincente e ricca di eventi e personaggi degni di nota.

Avvenimenti storici tumultuosi rendono affascinante e misteriosa l’Asinara. Secoli di sopraffazioni hanno segnato la sua storia, ma oggi la natura è tornata padrona.

I primi insediamenti

Leggenda vuole che nel 2280 a.C. le genti sarde abbiano offerto al mitico Ercole la corona di re della loro terra e di denominare la piccola isola Herculis insula, ove celebrare il suo culto.

Le prime tracce di presenza umana sull’isola vengono attestate dalla presenza di domus de janas (case delle fate) di epoca protonuragica, scavate nel calcare dell’isola.

In questo sito è affiorato il bronzo del “bue stante”, custodito presso l’Antiquarium Turritano di Porto Torres.

Come tutte le isolette tra Corsica e Sardegna, vedi arcipelago di La Maddalena, anche l’Asinara in ogni epoca è stata considerata un avamposto strategicamente determinante al centro del Mediterraneo., importante come base delle rotte mercantili di Fenici, Greci e Romani.

In epoca medioevale fu eremo di una comunità dell’Ordine Camaldolese. 

Nel 1885, dopo la stipula della Triplice Alleanza che identificava la Francia in un potenziale nemico, Umberto I cacciò i pescatori e tutti gli abitanti per trasformare l’isola in una colonia penale e stazione di quarantena.

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La fine del paradiso dell’Asinara

Nella Grande Guerra l’Asinara divenne campo di prigionia per i nemici austro-ungarici catturati in Serbia prima dell’ottobre del 1915, quando questa venne definitivamente occupata da Tedeschi e Austriaci. 

Fu allora che Italia, Francia e Inghilterra iniziarono il faticosissimo salvataggio di militari e civili serbi e si accollarono anche il gravoso problema del trasferimento degli oltre 60.000 prigionieri. 

La maggior parte di essi era affetta da colera e tifo e il Centro di isolamento fatto costruire nel 1885 sull’isola parve l’unica soluzione a questo disastro umanitario. 

Fu così che sulla minuscola isola di Asinara si riversarono 28.000 prigionieri di cui 7.000 morirono nei primi tre mesi. 

Sardegna in immagini

L’isola con la sua cronica mancanza di acqua potabile, le difficoltà igienico-sanitarie e di approvvigionamenti e la penuria di personale medico non era in grado di gestire né debellare il morbo. Si iniziò ad assistere ai continui strazianti pellegrinaggi di piroscafi che prendevano il largo solo per gettare in mare i corpi.

La storia del carcere di massima sicurezza

La parte dell’isola destinata fin dal 1885 a carcere di massima sicurezza, una sorta di Alcatraz italiana, dopo la tragica parentesi dove fu destinata a campo di concentramento, continuò a svolgere il ruolo di prigione, continuando ad ampliare le costruzioni destinate a tale scopo. 

Durante la Seconda guerra mondiale l’Asinara ospitò anche un grande centro per malati di tubercolosi e fu destinazione di numerosi oppositori politici condannati al confino.

Rimasta per decenni in una sorta di lugubre oblio, la meravigliosa isoletta tornò ad assurgere agli onori della cronaca durante gli “anni di piombo” quando nel 1979 i brigatisti rossi reclusi riuscirono ad ottenere dell’esplosivo e tentarono di distruggere ciò che definivano un “lager italiano”. 

Per più di vent’anni l’isola dell’Asinara ha ospitato e isolato i più pericolosi criminali di Cosa Nostra, della Brigate Rosse, della Anonima Sequestri e della Camorra, da Totò Riina a Matteo Boe.

Nel 1985, nel tentativo di proteggere le persone e le famiglie dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in una assurda ma necessaria inversione di ruoli.

Il villaggio di Cala d’Oliva, che aveva ospitato Salvatore Riina, mandante del loro assassinio nelle stragi di Capaci e via d’Amelio, fu destinato a tale ruolo in attesa del Maxiprocesso sulla casetta rossa, che li accolse durante l’istruttoria del più grande processo mai celebrato contro la Mafia.

Oggi resta una targa che riporta una frase di Paolo Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

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La natura torna padrona nel paradiso dell’Asinara

Finalmente dal 1998, dopo secoli di sopraffazioni, l’isola ritrova la meritata quiete e una giusta tutela con l’istituzione del Parco Nazionale dell’Asinara

Questo gioiello del Mediterraneo racchiude, in soli cinquanta chilometri quadrati, un patrimonio zoologico e botanico unico ed inestimabile. 

Oggi è la riserva naturale più grande della Sardegna.

L’animale simbolo dell’isola è senz’altro il minuscolo asino bianco (equus asinus albinus), un centinaio di esemplari condivide l’habitat con il muflone (ovis musimon) e il cinghiale sardo (sus scrofa meridionalis).

Si contano sull’isola 800 specie di piante di cui alcune endemiche come la Centaurea Horrida o Fiordaliso Spinoso e il Limonium Laetum o Limonio dell’Asinara.

Dopo quasi 150 anni di isolamento, l’isola deve prepararsi oggi al mondo del turismo che necessariamente dovrà segnare una nuova epoca valorizzandola per ciò che essa è, un paradiso, e non continuando a sfruttarla brutalmente come è accaduto. 

Di qui la necessità di una gestione intelligente dei flussi di visitatori e di severi controlli sulla tutela di un ambiente isolano, patrimonio dell’umanità.

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