
Ci sono nella nostra penisola luoghi magici, che legano la loro storia ad aneddoti e leggende. Altri luoghi, invece, sono famosi per le attività che si svolgono. Pesariis è uno di questi.
Il Filu ‘e ferru è contraddistinto dalla sua storia rocambolesca e dal suo gusto intenso.
Il distillato tipico dell’Ogliastra, della Barbagia e dell’Oristanese e diffusosi in tutta la Sardegna deriva il proprio nome dalla clandestinità: dal 1874, con l’istituzione del monopolio sabaudo sugli alcolici, è stato prodotto e tenuto nascosto con tutta l’attrezzatura destinata alla distillazione in ripari sotterranei da cui spuntava soltanto un capo di fil di ferro legato alle zucche piene di acquavite e agli alambicchi interrati.
Moltissime famiglie isolane divengono così “moonshiners” del “proibizionismo piemontese”.
Nell’ isola è chiamato anche “abbardente” (acqua ardente) in relazione all’alta gradazione che spesso supera i 40° e può raggiungere anche i 55°.
Il distillato sardo si colloca tra le grappe di alta qualità per il tradizionale utilizzo di vinacce di vernaccia sarda, vermentino e cannonau sceltissime.
Una pittoresca ed artigianale variante, tipica della cultura pastorale, è il Filu ‘e ferru con caglio di pecora o capra, velato alla vista e dal particolarissimo sapore.
Eliminate la testa e la coda della doppia distillazione attraverso un sistema di alambicchi in rame, il cuore viene invecchiato o meglio “barricato” per un anno in botti di rovere.
L’abbardente tradizionale è incolore e gode unicamente del sapore delle vinacce distillate, mentre le molte varietà di Filu ‘e ferru prodotte oggi vengono aromatizzate con i sapori delle erbe autoctone della macchia mediterranea come il finocchio selvatico, il fico, il corbezzolo, il mirto e l’elicriso e raggiungendo qualità organolettiche e sapori a dir poco eccezionali.
Mentre per la grappa si sottopongono a bollitura e distillazione soltanto le parti solide dell’uva, cioè i vinaccioli e la buccia, per l’acquavite Filu ‘e ferru si inseriscono nel processo anche uva intera e mosto fermentati, ottenendo così un sapore più fruttato e meno acre di una grappa.
Si calcola che la sua origine e il suo utilizzo da parte degli abitanti dell’isola, soprattutto con finalità taumaturgiche, possa risalire al decimo secolo avanti Cristo.
Nel periodo medioevale tale utilizzo in farmacopea fu tipico dei monasteri, dove la viticultura era radicata.
Da sempre lo strumento in grado di operare il processo di distillazione è l’alambicco, la cui caldaia contenente le vinacce, consente alla serpentina superiore di raccogliere condensandoli i vapori bollenti che, raffreddandosi al passaggio in tubi con acqua fredda, originano il Filu ‘e ferru.
Il più ricco di profumi e dal gusto deciso è senz’altro il distillato che prende vita dalla vernaccia di Oristano, mentre dalla Gallura nasce la versione più fruttata e delicata derivante dal Vermentino.
Questa acquavite è anche l’ingrediente di un fantastico dolce cremoso a base di latte e zucchero e non va trascurato il fatto che il distillato viene usato per “sfumare” moltissimi piatti come ad esempio i fantastici gamberoni “a u Filu ‘e ferru”.
In ogni occasione conviviale la mitica bevanda non può mancare soprattutto per il suo compito di “Cumbidare”, cioè di invitare a levare i calici e favorire la digestione di porcetti, montoni e capretti alla brace.
Va riconosciuto però che, al di là di ogni funzione taumaturgica o digestiva, il vero ruolo del Filu ’e ferru rimane quello di unire ed elevare gli animi dei commensali.
Molti, forse un po’ sarcasticamente, attribuiscono proprio al secolare consumo di Filu ‘e ferru in terra sarda la leggendaria longevità degli isolani.
Qualsiasi sia la vostra meta in Sardegna non potrete fare a meno di assaggiare questa bevanda così tipica e singolare.
Ci sono nella nostra penisola luoghi magici, che legano la loro storia ad aneddoti e leggende. Altri luoghi, invece, sono famosi per le attività che si svolgono. Pesariis è uno di questi.
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